giovedì 18 agosto 2011

Olive Kitteridge (Elizabeth Strout)

A pagina tre mi è venuta l'idea per un romanzo. A pagina dieci ho capito che avevo tra le mani un capolavoro. Pagina dopo pagina, ho confermato sempre più la mia ipotesi.

Olive Kitteridge è un'insegnante in pensione di una piccola e anonima cittadina del Maine. Ha un marito, Henry, professione farmacista, e un unico figlio, Christopher, futuro podologo, futuro divorziato risposato, perennemente in conflitto con una madre troppo oppressiva e incapace di chiedere scusa.

Una cittadina anonima, ma che come ogni piccolo centro ha le sue curiosità, le sue pecore nere, i suoi segreti nascosti. Casa dopo casa, questa cittadina è sviscerata in una commedia umana in cui Olive è a volte coprotagonista, a volte muta comparsa. Gli anni passano, Olive invecchia e così chi le sta intorno, ma la sua personalità non cambia. Anzi, muta fino ad acquisire risvolti che mai fino ad allora avrebbe pensato. Perché se da un lato è vero che la nostra identità nasce e muore con noi, qualche aggiustamento in corso d'opera è ciò che rende davvero meravigliosa la vita.

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